Risalente alla prima metà del XVII secolo, Masseria Ciura è una struttura importante in tutti i sensi: per la maestosità dei suoi spazi interni e della natura che la circonda; per l’invidiabile posizione nell’agro di Massafra, a poca distanza dal mare, in una zona collinare caratterizzata da insediamenti neolitici e chiese rupestri; per la ricchezza della sua storia che la vede da oltre tre secoli testimone di importanti avvenimenti e punto di riferimento fondamentale per la vita del suo territorio.
TIMELINE
Anno di Fondazione
Morte del barone Ciura
Alla morte del capostipite, nel 1650, eredi universali risultarono i figli Leonardo, Giacinto, Giuseppe e Isabella. In quel momento la masseria di cui ci occupiamo si estende per 12 tomoli di terra con 87 olivi. In quel momento gli edifici della masseria consistevano consistevano in un cortiglio, case per garzoni e per paglia, suppenne per bovi, una grotta sotterra, un giardino parietato di frutti comuni, un pozzo sorgivo e due palmenti coverti con cannizzo; intorno, gran quantità di tomoli coltivati a olivi e vigna.
Giuseppe Ciura diventa sindaco di Massafra
Rimasto erede universale del patrimonio familiare Giuseppe, medico chirurgo, sarà anche sindaco di Massafra nel 1665, si sposo due volte: la prima con Beatrice Notaristefani dalla quale ebbe Francesco Antonio e Angela Antonia e alla morte di Beatrice, in seconde nozze con Elisabetta lo Iucco.
Entra nell’inventario di famiglia il palazzo di Massafra
Dal matrimonio di Giuseppe Ciura con Elisabetta lo Iucco nacquero Tommaso e Alfonso, ancora minori nel 1680 anno della morte del padre. Come consuetudine e a tutela degli eredi, viene compilato l’inventario dei beni costituenti l’eredità. È puntualmente descritto il palazzo di Massafra, in località Serra, con tutti i mobili e le suppellettili in esso contenuti: quadri di soggetto religioso, numerose argenterie, abiti e gioielli appartenenti alle due mogli, cantine, magazzino e giardino di frutti comuni.
La proprietà diventa di Tommaso Ciura
Le proprietà amministrate da Tommaso sono numerose nell’onciario di Massafra dell’anno 1745-49 appare la masseria Pastia di 22 tomoli di terra con alberi di olivo, iazzi, pozzi e abitazione.
La moglie di Tommaso Ciura eredità la proprietà
In questo momento il patrimonio della famiglia Ciura, in particolare a Pastia, evidenzia un ortale, una casa rustica, un oliveto scelto e uno ordinario, due palmenti e un casino nobile che negli ultimissimi anni del secolo sarà sottoposto a sostanziali lavori di ristrutturazione come recita la lapide commemorativa affissa sul frontespizio della casa padronale.
Giuseppe Ciura eredita la Masseria e ci va a vivere con sua moglie
La proprietà passa ai figli di Giuseppe Ciura
Raffaele Ciura eredita la proprietà in Pastia (agro di Massafra)
La proprietà che per volere dei vari Ciura testatori era sempre rimasta indivisa è nel frattempo cresciuta tanto che nel 1881 i vari figli dei fratelli defunti Tommaso e Francesco Antonio, nipoti ed eredi anche della defunta zia Carolina, possono dividere un considerevole patrimonio immobiliare, valutato per oltre 150.000 lire: la masseria Pasano a Sava con la vigna e un capitale di 1000 ducati pari a lire 4250 a Teodora, con la metà della proprietà di due peschiere in mar piccolo, una alla dogana e l’altra alla madonna della pace; a Giuseppe l’altra metà delle peschiere, il palazzo tarantino nella strada maggiore aln.23 (partita 310), due case in vico carducci, una bottega e la masseria Ospedaletto con tutte le sue pertinenze; a Raffaele la masseria Pastia descritta di natura olivata, attrezzi e animali, case rurali e casino nobile.
La famiglia D’Agostino rileva la proprietà
Rilevata nel 1958 da Francesco D’Agostino, la masseria e la connessa azienda venivano trasformate in avanzatissima attività zootecnica di allevamento di bovini. La pregiata razza bruna alpina qui allevata e riprodotta e la innovativa tecnologia a ciclo integrato applicata hanno meritato all’azienda, a fine anni ’60, il premio “Prima Stalla d’Italia”.
Masseria Ciura diventa una fiorente azienda agricola
Intorno al 1965, la grande svolta. Francesco, dopo un’attenta osservazione delle caratteristiche del territorio e un’accurata indagine sul clima, e a dispetto di chi lo definisce “il pazzo di Massafra”, espianta buona parte degli uliveti per far posto alla coltivazione di agrumi. La scelta si dimostra vincente, tanto che oggi il “Clementino del Golfo di Taranto” è riconosciuto come IGP.